Massimo Trento
Se analizzassimo un po’ di storia recente senza filtrarla attraverso il monocolo da loggione decaduto di questo occidente sempre piu’ schizofrenico, scopriremmo con meno stupore del previsto, che quello parigino e’ stato il palcoscenico di un terrorismo di riporto. Un atto di guerra di uomini e donne di diverse nazionalita’, che hanno trovato nell’Isis -ammesso e non concesso che quello sia il mandante- l’organizzazione paramilitare di rilievo, nella quale arruolarsi per “vendicare” i torti che ritengono di aver subito in terra natia. Non si tratta solo delle incursioni inenarrabili compiute da noi occidentali dalla seconda guerra del golfo in poi, passando per l’invasione dell’Afghanistan, fino all’aggressione d’imperio contro la Libia, ma anche di mai sopiti rancori per le dominazioni sofferte dal Magreb fino agli anni 60 o a quelle sopportate dal medio oriente sino ai giorni nostri. Alla favola bella del sostegno all’espansione della si’ tanto amata democrazia tra i barbari d’africa o d’Asia non crede peraltro piu’ nessuno. Almeno da quando noi occidentali benaugurammo il colpo di stato in Algeria per non far insediare il Fis, che non venne ritenuto degno di governare dalle cancellerie della nostra amata europa, pur essendo uscito vincitore dalle prime elezioni libere del 1991. Cio’ che avvenne successivamente, le cronache ebbero a scriverlo col sangue degli innocenti sgozzati. Ragioni umanitarie? Se ne parlava pure nel 2013, quando su invito del presidente del Mali, La Francia intervenne militarmente nella sua ex colonia per sostenere un governo gia’ figlio di un colpo di stato, bloccando arbitrariamente l’avanzata degli indipendentisti Tuareg e fottendosene di conseguenza del bon ton: poiche’ di guerra civile si trattava, che per buona norma andava risolta internamente tra le parti in causa. Ma e’ notorio che sui giacimenti d’oro e uranio, di cui il Mali e’ ricco assai, les enfants de la bastille non oserebbero sputare mai, ca va sans dire. Tirare in ballo a questo punto gli statunitensi sarebbe come sparare sulla croce rossa. Che gli yankees non abbiano momentaneamente altre gatte da pelare come quelle del 11 di settembre 2001 e’ da ricondurre piu’ allo scarto di 6.000 chilometri d’atlantico con l’Europa che al loro training antiterroristico. Fossero nel vecchio continente si troverebbero esposti quanto i transalpini all’odio incandescente dei gruppi islamici radicali. I mussulmani dei paesi messi a ferro e fuoco da Clinton, Bush junior e dal Nobel per la pace Obama non hanno dimenticato e presto o tardi le loro componenti piu’ adirate presenteranno un ulteriore conto salato. E a pagarlo saranno, come purtroppo sempre accade, i cittadini piu’ inermi. Nel caso dei Galli le vittime della ville lumiere, non certamente Hollande, Sarkozy e lo stato maggiore militare, pronti a sfilare contriti davanti alle bare dei morti di Charlie Hebdo allora e del Bataplan d’oggi. A questi inetti all’ennesima potenza andrebbe ricordato che la provocazione nella politica internazionale non e’ un pesce d’aprile, ma un pasticciaccio maledettamente serio. Ecco perche’ stona la Marsigliese sentita in ogni dove a ridosso del massacro. Una Nemesi evocata dal neoimperialismo francese meriterebbe piuttosto l’Urlo di Munch, laddove vittima e carnefice, nel caso in oggetto, sono tutt’uno. Non una nuova Lepanto ci vuole, ma meno incapaci al posto di comando.