Massimo Trento
Non demordono, soprattutto sotto Natale quando si pretende la bontà dalle genti con la stessa premura calcolata del commercio. Quest’ultimo, se non altro, non rivendica una filantropia stereotipata per cogliere ogni pretesto buono per fatturare. Ma alla congregazione senza pudore dell’Unicef non concedo attenuanti. Piu’ ancora e peggio della miriade di associazioni e fondazioni che inondano l’etere con struggenti messaggi a favore di qualunque cosa stia male a questo mondo tranne te, perorando un versamento di un paio di euro per mezzo di questo o quest’altro numero telefonico, l’United Nations Children’s Fund ha superato ogni limite di decenza col suo spot televisivo.
Una indegna sceneggiatura abilmente costruita con immagini sfumate di bimbi bisognosi del Bangladesh e di altre zone del terracqueo, sempre pronti a sorridere all’obbiettivo dell’uomo bianco, accompagnate da due tocchi in bemolle di un piano a coda e commentate da una voce femminile suadente, che pare presa a prestito dal doppiaggio di film porno. Come un becchino premuroso nel farti notare che il tuo trapasso sara’ inevitabile, la speaker ti ammansisce l’animo in una degustazione preventiva di quell’attimo straordinario che sarà il tuo decesso: fai in modo di lasciare un segno a questo mondo per quando non ci sarai più; un segno di cui questi cari pargoli sparsi per ogni dove sul globo possano esser testimoni rimembrando così il tuo nome. Lascia un segno, intestaci la tua eredità.
Ecco, è questo uno dei momenti topici nei quali solo la bestemmia pare rendere al meglio l’ira che mi pervade incontrollata di fronte allo scempio del dolore, alla mattanza della dignità, alla ferocia speculativa di questa immanemente infima pubblicità.