Massimo Trento
Se una volta vi era perlomeno del metodo e anche della sostanza condivisibili nella sua follia, oggi mi risulta mediamente difficile provare apprezzamento per le prese di posizione sempre piu’ narcisistiche di Vittorio, sebbene servano per rimanere proficuamente sotto le luci della ribalta. Esemplare in tal senso la sua sfuriata da copione contro la forzista Licia Ronzulli, rea di avergli contestato l’affermazione, secondo la quale il 40% del Si’ al referendum costituzionale fosse merito del solo presidente del consiglio dimissionario. Ed e’ qui che il bel tomo dimostra il suo distacco dal mondo dell’oggettivo, per cui una passata di striglia senza pieta’ ne’ comprensione la merita tutta.
Facendo i due conti della serva risulta infatti pacifico che a favore del Si’ incondizionato si sono espressi per mesi i mezzi di comunicazione di massa, sdraiati proni o supini, ma sempre ben divaricati, come neppure la Pravda ai tempi del Soviet. La totalita’ della radio e tivvu’ di Stato, governativa per definizione, di Mediaset, con l’entusiastico sostegno del pianista a penser Confalonieri, e pressoche’ tutta La Sette che conta, quella dell’enfant prodige paraberlusconiano Cairo, hanno costituito le possenti bocche di fuoco primarie che hanno spazzato via ogni altro tentativo di opposizione. Per arrotondare il cappotto radiotelevisivo, che vale la pena ricordare, costituisce la fonte d’indottrinamento acritico primario, sono accorsi tutti gli editori della stampa nazionale ed estera, che salvo l’eroica campagna del Fatto Quotidiano (per tigna “conservatrice” del suo direttore Travaglio) e i vagiti in culla della Verita’ di Belpietro, hanno propagandato urbi et orbi la panacea della riforma sulle edizioni cartacee ed elettroniche.
Ma la propaganda, si sa, deve esondare per principio fino a saturare gli ultimi interstizi vacui, per cui del residuo potenzialmente sfuggente si e’ occupato il pittoresco mondo delle corporazioni. Ecco quindi spuntare il fiancheggiamento compatto delle associazioni di categoria, guidate da quella industriale di via dell’astronomia, tinello potentissimo di editori spuri come De Benedetti )tessera numero uno del PD e proprietario del gruppo Repubblica-Espresso) e gli Agnelli (Stampa di Torino), nonche’ la meta’ dei sindacati, con la Cisl in prima fila e fette della restante Trimurti in ordine sparso nonostante il No ufficiale. Per amor di patria dovrei astenermi dal menzionare l’endorsement di tutto il mondo politico e finanziario estero che conta, ma non lo faro’. Cominciamo dall’ambasciatore americano in Italia Phillips, passando per l’abbronzatissimo inquilino della Casa Bianca Obama e per il ministro tedesco delle finanze Schäuble, fino all’agenzia di rating Fitch, alla BCE di Draghi e agli istituti bancari esteri come Deutsche Bank, Credit Suisse e Barclays.
E i partiti? E solo su questo puntello che Sgarbi poggia tutto il peso della sua dichiarazione, sbagliando tuttavia ancora. Perche’ se e’ vero che Lega e Fratelli d’Italia hanno votato compatti contro la deforma costituzionale, la tarda presa di posizione del Cavaliere ha non poco inciso sulla scelta della militanza azzurra, tanto che sezioni territoriali di Forza Italia hanno votato in disaccordo con il fumoso ordine di scuderia di Arcore. Stessa cosa dicasi per SEL, mai come ora sfuggita di mano a Vendola, la cui esponente di punta Boldrini, genio del nulla ma presidente di Montecitorio, ha cincischiato con la scusa della carica istituzionale, mentre molti suoi attivisti ed elettori si sono smarcati votando Si’. Resta il PD dunque, che al di la’ dei bastiancontrari Bersani e Dalema, pronti a farla pagare al rignanese che si era impossessato del potere coi mezzi che Enrico Letta ebbe a subire per primo, ha votato compatto per il Si’ assieme ai suoi cespugli di NCD, mezzo UDC, SVP, Socialisti redivivi, fuoriusciti assortiti e rientranti di lusso come Prodi e Casini. E la ferrea macchina militante del partito di cui Walter Veltroni fu primo segretario nazionale, con la sua struttura mastodontica ereditata dei due piu’ grandi partiti della prima repubblica (PCI e DC), ha avuto giuoco facile a stritolare tra le fauci l’organico bonsai di un centrodestra di carta velina. Discorso a parte per i pentastellati, che alfieri del No sin dall’inizio, si sono trovati politicamente isolati a dritta e a manca, sopportati col caustico sorrisino di circostanza dalle tivvu’ schierate come un plotone d’esecuzione e pronte a deviare sulle chiacchiere scandalistiche delle firme false di Bologna e Palermo.
Essendo infine superfluo approfondirlo, mi limito solo a menzionare gli ulteriori aspetti che hanno dopato oltre ogni limite di decenza la campagna referendaria a favore del Si’: l’esposizione mediatica del governo legalmente garantita, il sostegno di tutte le lobbies di ogni ordine e grado, l’indegno spottone pubblicitario governativo fatto passare per il consueto promemoria su come votare e il volantino propagandistico spedito a firma dell’ineletto presidente del consiglio dei ministri agli italiani residenti all’estero (chi l’ha pagato, a proposito?)
Non si tratta quindi di disconoscere a Renzi le capacita’ di saper raccontare palle come nessun’altro e di possedere un ego antidemocratico al confronto del quale Silvio, pur con tutti i suoi porci difetti, ci appare come un chierichetto discolo che incute tenerezza. Trattasi invece di intelleggere, se lo si sa fare.
Tradotto: A bordo del carro da combattimento della Santa Alleanza a guida PD, anche l’ultimo dei suoi segretari pro tempore e’ in grado di ridurre a poltiglia l’esercito avversario di fanti armati di sola clava o poco piu’. Non serve neppure sparare, basta passarci sopra…